ROCCO COLONA: “NEL CANTO DEI MIEI CANARINI C’È UNA PARTE DI ME”
Intervista all’imprenditore salentino Rocco Colona, oggi noto soprattutto per il suo allevamento di canarini di razza, una passione che ha rivoluzionato la sua vita.
Rocco, sei noto per aver fondato La Fazenda, ma oggi sembri totalmente rapito da un’altra passione: quella per i canarini. Da dove nasce tutto questo?
«È vero, molti mi conoscono per La Fazenda, ma c’è un mondo più intimo che ho costruito negli anni, quasi in silenzio. La passione per i canarini è nata come una curiosità, poi si è trasformata in un impegno quotidiano. In loro ho trovato qualcosa che non cercavo: pace, precisione, e un’estetica quasi perfetta.»
Perché proprio i canarini? Cosa ti ha colpito in particolare?
«La varietà. La sfumatura dei colori, la genetica, il lavoro dietro ogni incrocio. Allevare canarini non è solo una questione estetica: è una scienza, è ascolto, è dedizione. Le varietà che seguo – come i phaeo rosso mosaico, i phaeo giallo intenso e brinati, i phaeo bianchi e l’Agata topazio giallo mosaico – sono il risultato di anni di selezione e studio.»
Cosa significa per te allevare?
«Significa entrare in sintonia con creature fragili ma sorprendenti. Ogni mattina entro nel mio spazio, accendo la luce e inizia il canto. È un suono che non si può spiegare, lo devi vivere. Ogni esemplare ha un carattere, una personalità. Non si tratta solo di competizioni o riconoscimenti – anche se ne ho ricevuti – ma di armonia.»
Questa passione ha cambiato il tuo modo di vedere la natura?
«Assolutamente. Anche più della Fazenda, dove il contatto con animali esotici è visivo e d’impatto, qui è tutto più sottile. Con i canarini impari a leggere il silenzio, a riconoscere segnali minimi. Ti obbligano ad ascoltare davvero.»
E La Fazenda? Che ruolo ha oggi nella tua vita rispetto a questa nuova dimensione?
«La Fazenda resta il cuore aperto al pubblico, un’esperienza per tutti. Ma il mondo dei canarini è qualcosa di più personale, più segreto. Sono due universi diversi, entrambi autentici, ma solo uno – forse – sarà quello del mio futuro…»




